Perché un gruppo di giuristi sta denunciando il governo italiano per “complicità nel genocidio a Gaza”

“Ora basta con la favola del cattivone di turno. Il disegno di deportazione e genocidio dei sionisti nei confronti dei palestinesi è nato quasi 130 anni fa, ed è stato perseguito senza interruzione, per quanto con diversi gradi di intensità, da tutti i governi, compresi quelli a maggioranza laburista e socialista”. Non usa mezzi termini Ugo Giannangeli, dal 1974 avvocato penalista, prima a Como, poi a Varese e dal 1983 stabilmente a Milano, che all’impegno nella professione ha sempre affiancato quello sociale e politico nella sinistra militante sui temi del carcere, della repressione delle lotte sociali e della solidarietà internazionale, ma in particolare a sostegno della resistenza del popolo palestinese contro l’occupazione israeliana. Ha collaborato alla fondazione della Camera penale di Milano e come osservatore internazionale ha partecipato a importanti eventi, tra gli altri le ultime elezioni in Palestina, nel 2006. Mai come in questo periodo si spende per spiegare l'origine e i veri moventi del conflitto che sta decimando il popolo gazawi: in dieci giorni ha partecipato a quattro incontri in Lombardia.

Cominciamo dal principio allora... Cosa risponde a chi afferma che la guerra in corso è iniziata il 7 ottobre 2023?
“Niente di più falso. Non è neppure corretto risalire al 1948. La prima espressione dell'intento di 'rubare la terra' ai palestinesi risale al 1897, data del primo congresso sionista di Basilea. Alcuni rabbini, inviati ad accertarsi della situazione sul campo, sulla lettera inviata ai loro referenti usarono questa espressione: 'La sposa è bella ma è già sposata con un altro uomo'. Chi usa lo slogan 'Una terra senza popolo per un popolo senza terra' mente spudoratamente, la Palestina è sempre stata abitata dal suo popolo. Dalla fine dell'800 dunque l'intento è stato uno solo: l'eliminazione di questo popolo”.
Facciamo un salto in avanti di 50 anni.
“Quando nasce lo Stato di Israele, il 14 maggio 1948, i sionisti vogliono presentarsi con il vestito buono all'Onu. Dichiarano la fondazione di uno Stato ebraico e si impegnano a emanare una Costituzione che non ha mai visto la luce. 'Lo Stato di Israele – si legge nel documento – sarà aperto per l'immigrazione ebraica e per la riunione degli esuli, realizzerà il bene e lo sviluppo dei suoi abitanti, sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia, sulla pace, come predetto dai profeti di Israle, assicurerà la completa uguaglianza di tutti i suoi abitanti senza distinzione'. Tutte parole rimaste lettera morta, perché i diritti dei palestinesi sono sempre stati calpestati, con l'occupazione e la moltiplicazione delle colonie illegali. Ci sono però voluti 70 anni perché i sionisti venissero allo scoperto: nella 'legge fondamentale sullo Stato nazione' datata 2018 è scritto: 'Il diritto all'autodeterminazione nello Stato di Israele è un diritto esclusivo del popolo ebraico', malgrado il 21% della popolazione sia di fede musulmana o cristiana. Gerusalemme viene inoltre indicata come unita e capitale di Israele, benché ciò contraddica il diritto internazionale. Ma c'è un'altra dichiarazione gravissima: 'lo Stato – si legge – considera lo sviluppo dell'insediamento ebraico come un valore nazionale e si adopererà per incoraggiarne e promuoverne la creazione e il consolidamento': quindi il crimine del colonialismo viene considerato un valore!”.

E infatti le colonie continuano a moltiplicarsi.
“Lo hanno fatto persino durante il biennio della trattativa di Oslo (1993-95). Pochi giorni fa ne sono state legalizzate altre 22. A fine anni '80, durante la 'prima intifada', i coloni erano 50-60mila, oggi sono 750mila. Ai politici che continuano a riempirsi la bocca con la formuletta 'Due popoli due Stati' io chiedo: e dove, di grazia, dovrebbe nascere lo Stato palestinese? Se volete rendere credibile questo progetto che sostenete, ditemi come volete realizzarlo, datemi una road map: sono 750mila i coloni, iniziamo a mandarne via 10mila o 20mila al mese? Dove li collochiamo? Rendetemi concreta questa enunciazione, altrimenti è una presa in giro”.
Come giustificano queste mire espansionistiche?
“Non si sentono in dovere di giustificarle. Sentite cosa scrisse il 'padre fondatore' Ben Gurion nel 1976: 'Ma perché gli arabi dovrebbero fare la pace? Se fossi un dirigente arabo non la farei mai, è normale, abbiamo preso il loro Paese. Certo, Dio ce l'ha promesso, ma questo a loro cosa può interessare? Il nostro Dio non è il loro. È vero che siamo originari di Israele, ma la cosa risale a 2000 anni fa. In che modo li riguarda? Certo ci sono stati l'antisemitismo, il nazismo, Auschwitz. Ma è stata colpa loro? No. Loro vedono solo una cosa: siamo venuti e abbiamo rubato il loro Paese, perché dovrebbero accettare questo fatto?'. E però lo stesso Ben Gurion in un'altra occasione dice: 'Dobbiamo espellere gli arabi e prendere il loro posto. Il sionismo prevede il transfer degli ebrei, il transfer degli arabi è semplice, ci sono tanti Stati arabi attorno!'. È proprio ciò che intendono fare ora: sappiamo che stanno offrendo grandi somme non solo alle nazioni arabe ma anche ad altri Stati africani per 'accollarsi' i palestinesi e lasciare campo libero al colonialismo d'insediamento, quello che prevede non solo la rapina delle risorse ma anche l'espulsione della popolazione, la forma più brutale e criminale della colonizzazione, che già è un crimine di suo”.

E nessuno sembra più interessato a fermarli…
“Nel 1989 Netanyahu rimproverò il governo israeliano per aver perso l'occasione di occupare tutta la Palestina durante i fatti di Tienanmen, che distraevano l'attenzione del mondo. Anche a Gaza i ragazzini tiravano pietre contro i carri armati e Rabin, premio Nobel per la pace, chiuse le scuole e ordinò ai soldati di spezzare le braccia ai bambini. Il governo israeliano si è sempre accanito contro donne, bambini e adolescenti, per cancellare il futuro di un popolo. Ora però la comunità internazionale è talmente inerte che Israele non ha più bisogno della 'foglia di fico' di Hamas: uccide impunemente vecchi, donne e bambini con le bombe e con la fame”.
Diversi rapporti delle Nazioni Unite e molte ONG hanno accusato Israele di “genocidio”, cosa risponde a chi contesta questo termine?
“A usarlo è stato l'israeliano Amos Goldberg, docente di Storia della Shoah all’Università ebraica di Gerusalemme: 'Sì, è un genocidio, è difficile e doloroso ammetterlo ma non possiamo più evitare questa conclusione. La storia ebraica sarà d'ora in poi macchiata dal marchio di Caino per il crimine più orribile'. In venti righe usa sei volte l'espressione genocidio. E chiarisce: 'Le numerose dichiarazioni di sterminio da parte di alti funzionari del governo israeliano e il tono generale di sterminio del discorso pubblico indicano che questa era anche l'intenzione”.
C’è anche chi paragona quanto sta avvenendo in Palestina all’olocausto, è un parallelo azzardato?
“Anche in questo caso a usarlo non sono solo arabi e palestinesi, ma gli stessi ebrei. Il 28 ottobre 2023 gli attivisti del gruppo Jewish Voice for Peace occuparono la Grand central station di New York. Oltre 200 di loro furono arrestati. Ecco cosa scrivono: 'Oggi Israele ha bruciato vivi altri palestinesi, non c'è alcuna differenza tra mettere le persone nelle camere a gas e bruciare vive le persone dentro le tende nelle zona sicure. Un olocausto sta avvenendo davanti ai nostri occhi e il mondo tace'. In realtà non è vero che il mondo tace: occorre distinguere tra i governi e le popolazioni. Milioni di persone sono scese in piazza, eppure... Pochi giorni fa Netaniahu ha detto: stiamo cambiando il volto del mondo. È vero purtroppo, ecco perché la questione di Gaza ci riguarda tutti. I palestinesi sono vittime dirette, ma noi siamo vittime collaterali. Anche il ministro della difesa Guido Crosetto pochi giorni fa ha detto: 'È cambiato il mondo, l'Onu conta come l'Europa nel mondo, cioè niente. Siamo passati da un mondo in cui contavano i valori a uno in cui contano i valori economici, cioè gli interessi geopolitici'. Affermazione di una gravità incredibile, ma constatazione vera. Qualcuno dirà: Crosetto è un uomo di destra. Vediamo allora che dice Piero Fassino, di Sinistra per Israele: 'Il diritto internazionale e la magistratura possono essere d'intralcio nella ricerca della pace. Deve prevalere la politica'”.
Alcuni giudicano paradossale che lo Stato di Israele sia nato proprio da una risoluzione dell’Onu, dal momento che non ha mai rispettato le deliberazioni che lo riguardano.
“Almeno venti dei trenta articoli della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 sono quotidianamente violati dall'esercito israeliano, per non parlare della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e della Convenzione per la prevenzione e la repressione sul genocidio, che pure Israele firmò nel 1948. Tutto questo è in corso di smantellamento. Persino le risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu, che avrebbero forza coercitiva, sono completamente disattese, compresa quella del 2016 sullo smantellamento delle colonie e la numero 2728 del 2024 (in corso di genocidio) sul cessate il fuoco. Il 2024 è stato un anno particolare, uno scatto d'orgoglio delle istituzioni internazionali, dalla Corte internazionale di giustizia che il 26 gennaio definisce (dopo due sole udienze) “plausibile” il genocidio alle ordinanze di marzo e maggio, fino al parere della corte all'Onu con la richiesta dello smantellamento delle colonie, che la stessa Onu in assemblea plenaria ha accolto fissandone l'esecuzione entro 12 mesi (ossia entro settembre). Ma il caso più clamoroso di violazione riguarda l'ordine di arresto emesso dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l'umanità del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dell’ex ministro della difesa israeliano Yoav Gallant e del capo del braccio armato di Hamas Mohammad Deif (quest'ultimo probabilmente ucciso dagli israeliani). Tale ordine di arresto vale 'erga omnes', eppure diversi capi di Stato, tra cui l'ungherese Viktor Orban e Donald Trump, hanno invitato e accolto con tutti gli onori Netanyahu e lo stesso Trump ha invece chiesto sanzioni e vietato l'ingresso in Usa del procuratore della Cpi Karim Khan”.

Nessuna speranza dunque che la giustizia prevalga?
“Noi non ci arrendiamo, anche se questo è uno dei periodi più cupi degli ultimi 80 anni. Sul piano giuridico si è costituito un gruppo di una trentina di giuristi, che lavorano su varie iniziative giudiziarie nazionali e internazionali. Da oltre un anno pende, ancora senza risposta, una denuncia alla procura di Roma per complicità dell'Italia nel genocidio, in base soprattutto alla fornitura di armi (il nostro Paese come noto è il terzo fornitore dopo Usa e Germania). Dopo l'estate saranno denunciati Giorgia Meloni, Guido Crosetto e Antonio Tajani davanti alla Corte penale internazionale competente. È in programma anche una causa civile per danni contro Leonardo. Abbiamo chiesto di non rinnovare il Memoriale Italia-Israele, e la risposta del governo è stata: occorre mantenere un canale di comunicazione con Israele. Già, il canale di comunicazione passa attraverso i cannoni della Oto Melara che sparano sui civili affamati”.
C’è in gioco solo la sorte della Palestina?
“Tutt'altro. Il giurista e filosofo del diritto Luigi Ferrajoli pone il problema politico del futuro del diritto internazionale, della pace e degli stessi diritti umani, ove al progetto di convivenza disegnato dalle carte dell'Onu si sostituisca un nuovo ordine-disordine fondato su un'alleanza militare come la Nato e sulla guerra come mezzo di soluzione delle controversie internazionali. Cioè il totale ribaltamento dei buoni propositi del '45-50, quando nacquero le istituzioni e i trattati che avrebbero dovuto fare da antidoto a nuovi conflitti, genocidi e crimini atroci. Si disse 'mai più', ma oggi a prevalere è ancora e sempre più la ferocia del più forte. Dobbiamo mobilitarci tutti, o quando capiterà a noi qualcosa di terribile non potremo che prendercela con la nostra cieca ottusità”.
Luce